giovedì 27 dicembre 2018

12 FEBBRAIO - META' DI UN SOLE GIALLO

PRESSO SARTUPENSACITU.IT

Un romanzo dal respiro epico che si legge tutto di un fiato e si lascia malvolentieri: Metà di un sole giallo è ricostruzione dolorosa della memoria di un popolo, analisi lucida dei mali della Nigeria all’indomani dell’indipendenza, racconto corale attraverso il quale guardare al continente africano secondo molteplici e complesse prospettive.
Le voci sono quelle di Ugwu, adolescente impiegato come domestico a casa di Odenigbo, un ricercatore di matematica noto nella città universitaria di Nsukka per le sue idee rivoluzionarie; Olanna, bella e sensuale, figlia di un uomo d’affari nouveau riche, che ha studiato a Londra e abbandona la vita mondana per diventare la compagna di Odenigbo; Richard, un timido inglese giunto in Nigeria alla ricerca dell’autenticità africana, il cui destino incrocia quello di Kainene, abile donna d’affari dall’intelletto tagliente  e sorella gemella di Olanna.
I caratteri dei personaggi si sviluppano nel periodo di pace successivo all’indipendenza della Nigeria (1960); nel salotto di Odenigbo si incontrano gli intellettuali di Nsukka per discutere di politica tra musica, buon cibo e cocktails; i dibattiti tra Odenigbo e Miss Adebayo lasciano intravedere le tracce di quei conflitti etnici che esploderanno poco più tardi, ma nei confronti dei quali il gruppo di docenti e scrittori si mostra sostanzialmente cieco, preso da altre vicende quali i diritti civili dei neri in America o l’intervento di De Gaulle in Algeria. Ma la storia incalza e attraverso le voci dei personaggi l’autrice racconta gli eventi che inducono gli Igbo delle province sudorientali alla creazione dello Stato del Biafra: il colpo di stato del 1966 condotto dagli stessi Igbo e le persecuzioni di cui sono vittima nei mesi immediatamente precedenti la secessione.
Così, mentre la comunità internazionale rifiuta di riconoscere il Biafra, il cui emblema è un sole nascente – metà di un sole giallo, appunto –  la Nigeria si muove alla riconquista di quei territori tanto preziosi per i giacimenti petroliferi, sostenuta da Gran Bretagna, Russia ed Egitto. Il destino della neonata repubblica è spacciato, ma i biafrani credono in una rapida vittoria grazie alla persuasiva propaganda di regime che, con l’aggravarsi della situazione, non esita a occultare informazioni, mentre chiunque palesi le proprie perplessità e osi guardare oltre gli slogan viene condannato come sabotatore.
La vita dei protagonisti è così attraversata e sconvolta dalla guerra; Olanna perde tutto, abbandona una casa in cui regnava l’abbondanza per una stanza squallida in un sovraffollato condominio e si ritrova in coda per ricevere il cibo degli aiuti umanitari, mentre Odenigbo, il rivoluzionario, discende nell’inferno della depressione e dell’alcol e Ugwu viene sottoposto a un reclutamento forzato durante il quale si rende colpevole di un’atrocità che lo segnerà per sempre.
Sono pagine dure quelle dedicate ai campi profughi e alla gestione degli aiuti umanitari: corruzione, umana meschinità e bassezze di vario genere portano al disgregarsi delle relazioni umane e dei vincoli di solidarietà, mentre le bombe cadono senza pietà e i bambini muoiono sotto i colpi della fame.
Ma questo romanzo racconta anche l’evoluzione interiore dei personaggi: così, la cinica e sarcastica Kainene, finirà col dedicare le sue doti di abile e scaltra donna d’affari alla gestione di un campo profughi, dopo aver guardato in faccia quanto orribile possa essere la morte durante la guerra. Il suo compagno Richard riesce a immergersi sempre di più nella complessità umana, politica e sociale della Nigeria, fino a definirsi biafrano, anche se sarà sempre guardato con diffidenza perché “bianco” e trattato da estraneo. Sogna di scrivere un libro, Richard, e lo trasforma più volte: dall’archeologia alle moderne colpe degli occidentali in Africa.
Così come Olanna trasforma l’amore incondizionato e acritico per il proprio uomo in un sentimento più consapevole e riuscirà a trovare una forza inaspettata, che le permetterà di resistere all’abbrutimento fisico e morale che sempre la guerra porta con sé.
E infine la scrittura: mentre Richard vi rinuncia, per Ugwu sarà l’appiglio che gli consentirà di mantenere salda la propria umanità e riscattarla, ricostruire la memoria personale e collettiva, mettere a posto i pezzi, gridare “Il mondo taceva, mentre noi morivamo”.

lunedì 26 novembre 2018

INCONTRO CON FABIO CREMONESI - VINCOLI DI HARUF - 15 gennaio 2019

presso la passeggiata Libro caffè



Torna in libreria Kent Haruf, il caso editoriale degli ultimi anni. Con Vincoli si torna a Holt, anzi si va alle origini di Holt, a cavallo tra Ottocento e Novecento nel primo romanzo che ha imposto Haruf all’attenzione del pubblico americano. Un viaggio nella storia di una famiglia delle pianure americane, narrata dalla voce della loro vicina, Sanders Roscoe. Un romanzo corale e travolgente, intenso e poetico, con cui Haruf inizia il suo viaggio nell’America rurale, teatro delle sofferenze e metafora della tenacia dello spirito umano, anticipando tutti gli elementi che rendono unica la sua poetica.

lunedì 5 novembre 2018

11 DICEMBRE - UNA DONNA IN BILICO DI LUCIA EXTEBARRIA





Una donna che racconta se stessa, in prima persona e senza nessuna concessione all'ipocrisia: e ci narra di un passato torbido, di una scrittrice che affronta i temi della tossicodipendenza per poi finire a sua volta preda di un'esistenza tumultuosa, dominata dall'alcool e dalle droghe. Ma c'è un momento di svolta, ed è un viaggio di lavoro negli Stati Uniti: qui la donna scrittrice allo sbando conosce finalmente un uomo di cui si innamora e da cui si accorge, una volta tornata in Spagna, sua terra di origine, di aspettare un figlio. È la sorpresa che decreta la fine di un certo tipo di vita: adesso la protagonista si trova in bilico tra un passato in cui deve mettere ordine e un futuro nuovo, che la attende inesorabile.

giovedì 13 settembre 2018

quinto compleanno - 25 settembre - UN GIORNO DI DAVID NICHOLLS

ormai siamo al ventottesimo incontro👸


OSPITI SPECIALI: IRENE SCHIAVETTA E FIORENZA GIORGI

Edimburgo, 1988. È l'ultimo giorno di università, e per Emma e Dexter sta finendo un'epoca. Si sono appena laureati e il giorno successivo partiranno per iniziare la loro nuova vita. Dopo una serata di festeggiamenti e grandi bevute sono finiti nello stesso letto. Quel giorno, il 15 luglio 1988, Dexter ed Emma si amano e si dicono addio per la prima volta, decidendo di rimanere solo amici. Emma andrà a Londra dove farà la cameriera in un pessimo ristorante messicano in cui incontrerà Ian, uomo con cui intreccerà una relazione e andrà a convivere, e, successivamente, riuscirà a ottenere un impiego come insegnante di Lettere. Nel frattempo Dexter entra nel mondo dello spettacolo presentando un programma televisivo di dubbio gusto. È diventato dipendente dalle droghe, dal sesso facile e dalle personalità di bassa categoria che popolano il suo mondo solo apparentemente perfetto. Ma ogni 15 luglio è un momento speciale per entrambi: dove sarà Emma, cosa farà Dexter? Per venti anni, in quel giorno, si terranno in contatto. Nel corso di venti anni, ogni anno, per un giorno, saranno di nuovo assieme e si racconteranno tutto, senza poter mai dire di essere innamorati l'uno dell'altra.

martedì 17 luglio 2018

30 ottobre - la porta di MAGDA SZABO


Siamo nella Budapest della metà del XX secolo e la Storia ungherese con le sue tragedie filtra sullo sfondo.
La voce narrante del romanzo è quella di Magda, una scrittrice che, dopo un periodo di “congelamento” professionale,  sta tornando ad essere pubblicata ed apprezzata.
L’incontro con Emerenc, una donna dalla vita misteriosa e dalla personalità ruvida che accetterà di fare la governante per Magda e suo marito, avrà un impatto inaspettato nella sua esistenza.
Le due donne sono molto diverse ma nonostante i continui scontri, dovuti alla difficoltà di capirsi realmente, fra loro nascerà un rapporto profondo.
E’ impossibile resistere ad Emerenc. Donna dalle convinzioni granitiche, fiera, instancabile, tradizionalista, anarchica, anticlericale, con capacità quasi magiche di “addestrare” animali, Emerenc nasconde caparbiamente la complessità della sua storia.
La porta della sua casa è inaccessibile a tutti, così come la sua essenza. Concede solo piccoli pezzi di se ai pochi ammessi alla sua “corte” donandone ad ognuno un frammento diverso, così da impedire la ricostruzione del puzzle.
Magda, grazie al legame che nel corso di vent’anni diventerà sempre più viscerale, sarà in grado di superare questo scudo, scoprendo aspetti profondamente toccanti che la costringeranno ad uno spietato esame di coscienza.
E quando si troverà a dover fare una scelta difficile, con la sua decisione innescherà conseguenze inaspettate che segneranno la sua anima.
Questo romanzo è stato pubblicato nel 1987 ma è giunto a noi con quasi due decenni di ritardo a causa del complesso periodo storico-politico ungherese.
Abbiamo rischiato di perderci una perla, un libro dalla prosa raffinata e molto coinvolgente. La storia narrata è, per ammissione della stessa autrice, almeno in parte, autobiografica. E’ un’opera importante.
Per noi lettori, perché i suoi personaggi e le loro vicende hanno la capacità di restarci dentro e di farci riflettere sull’importanza della comprensione e del rispetto.
Per la scrittrice, perché a settant’anni, grazie ad essa, ha affrontato un periodo particolare della sua vita e reso un omaggio ricco di umanità, sincero e vitale ad una figura veramente mitologica.

venerdì 15 giugno 2018

17 LUGLIO - I FORMIDABILI FRANK con MICHAEL

Ogni infanzia racchiude in sé emozioni, esperienze e impressioni uniche destinate a plasmare irrimediabilmente gli adulti che saremo. Michael lo sa bene, e sa anche che la sua infanzia è stata eccezionale. È cresciuto a Laurel Canyon, sulle verdeggianti colline della Los Angeles degli anni Settanta, circondato dall'affetto delle famiglie dei genitori, legate a doppio filo essendo nate dai matrimoni di due coppie di fratelli. Ma c'è una persona in particolare che ha fatto di un'infanzia fuori dal comune il perfetto materiale per un romanzo di Henry James se avesse vissuto a Hollywood o per un film di Wes Anderson: zia Hank. Harriet Frank Ravetch, detta Hank, è una sceneggiatrice di Hollywood dalla personalità stravagante e magnetica: insieme a suo marito, lo zio Irving, anch'egli sceneggiatore, la donna, che non ha figli, si propone di far conoscere il mondo al nipote prediletto, trasmettendogli il suo punto di vista, il suo gusto, il suo «occhio» - insindacabile, ça va sans dire - per l'arte, la letteratura, gli oggetti e le persone. L'autore cresce così in un universo gerarchizzato inb. e n.b., buono e non buono, seguendo il precetto del creare «bellezza sempre». Tra mercatini dell'antiquariato e negozi di arredamento, serate a teatro e battute shakespeariane imparate a memoria, la zia «rapisce» il nipote e si trasforma inconsapevolmente in un dispotico Pigmalione. Solo grazie a questa formazione totalizzante Michael potrà essere un Formidabile Frank degno del suo nome. Col passare degli anni, però, il bambino diventato un ragazzo si rende conto di dover prendere le distanze dagli zii per poter crescere. La voglia di indipendenza si scontrerà con la caparbietà irriducibile di Hank, che condiziona non solo Michael, ma anche l'intera famiglia. Ma questa eccezionale figura, una sorta di «zia Mame» realmente esistente, non è l'unica Formidabile degna di essere raccontata: ci sono la nonna Huffy e la nonna Sylvia, che si odiano ma vivono insieme da quando sono rimaste vedove; i genitori di Michael, Merona e Marty, trattati come eterni fratelli minori; lo zio Irving, la sua freschezza, i suoi riti e la sua devozione per la moglie. E poi ci sono i luoghi, che sembrano assecondare l'ascesa e il declino delle persone che li affollano: l'appartamento delle nonne a dieci minuti di macchina da Laurel Canyon, la sontuosa maison degli zii, il mondo segreto dello stanzino dello zio Irving, le camere d'albergo, le sistemazioni temporanee o le case di altri che soffrono del tocco magico delle decorazioni della zia Hank.

martedì 1 maggio 2018

29 MAGGIO - IL MOMENTO DI UCCIDERE DI GRISHAM - SALEDEDE.IT

Hanno picchiato a sangue e violentato sua figlia. Carl Lee Hailey è nero ed è un eroe del Vietnam; loro sono due bianchi, ubriachi e razzisti. Li uccide, in preda ad una furia selvaggia, davanti a numerosi testimoni. Si tratta di brutale omicidio o esecuzione esemplare? Vendetta o giustizia? Il caso infiamma gli Stati Uniti. Per dieci giorni in un tribunale del profondo Sud americano si discute la colpevolezza di un uomo senza mai poter ignorare il colore della sua pelle.


presso saledede.it


martedì 20 marzo 2018

INCONTRO CON LE SCRITTRICI LIGURI RATTARO GIORGI SCHIAVETTA - 17 APRILE - LA PASSEGGIATA LIBROCAFFE'




incontro con le scrittrici Sara Rattaro (uomini che restano), Fiorenza Giorgi ed Irene Schiavetta (il mistero di san giacomo)


UOMINI CHE RESTANO: Sapere da dove vieni è l'unico modo per poterti ritrovare.» All'inizio non si accorgono nemmeno l'una dell'altra, ognuna rapita dal panorama di Genova, ognuna intenta a scrivere sul cielo limpido pensieri che dentro fanno troppo male. Fosca e Valeria si incontrano per caso nella loro città, sul tetto di un palazzo dove entrambe si sono rifugiate nel tentativo di sfuggire al senso di abbandono che a volte la vita ti consegna a sorpresa, senza chiederti se ti senti pronta. Fosca è scappata da Milano e dalla confessione scioccante con cui suo marito ha messo fine in un istante alla loro lunga storia, una verità che per anni ha taciuto a lei, a tutti, persino a se stesso. Valeria nasconde sotto un caschetto perfetto e un sorriso solare i segni di una malattia che sta affrontando senza il conforto dell'uomo che amava, perché lui non è disposto a condividere con lei anche la cattiva sorte. Quel vuoto le avvicina, ma a unirle più profondamente sarà ben presto un'amicizia vera, di quelle che ti fanno sentire a casa. Perché la stessa vita che senza preavviso ti strappa ciò a cui tieni, non esita a stupirti con tutto il buono che può nascondersi dietro una fine. Ti porta a perderti, per ritrovarti. Ti costringe a dire addio, per concederti una seconda possibilità. Ti libera da chi sa soltanto fuggire, per farti scoprire chi è disposto a tutto pur di restare al tuo fianco: affetti tenaci, nuovi amici e amici di sempre, amori che non fanno promesse a metà. Sara Rattaro racconta le nostre emozioni come se sapesse leggerci dentro. Sono nostre le paure e le speranze, le illusioni e gli smarrimenti di Venetofronte alle mille variabili dell'amore, alle traiettorie imprevedibili dell'esistenza. Sono eroi normali quelli che vincono in questa storia, donne e uomini che hanno il coraggio di lottare nei momenti più duri, di accettarsi senza indossare maschere, di tenere aperta la porta del cuore per esporsi al destino e ricominciare.


IL MISTERO DI SAN GIACOMO: La chiesa di San Giacomo è stata finalmente restaurata e restituita alla città di Savona, dopo secoli di abbandono. Ma nel corso dei lavori si scopre un raccapricciante segreto: i cadaveri di una donna e di un neonato. Solo una medaglietta al collo della poveretta e il suo orologio da polso potranno consentire agli inquirenti, grazie all’aiuto dei cittadini, di ricostruire la vicenda e dare un nome alle misteriose mummie. Toccherà a Ludovica Sperinelli, Pubblico Ministero savonese, svelare il mistero e scoprire il legame tra il ritrovamento e l’inspiegabile, crudele omicidio di un anziano invalido. Non sarà sola in questa impresa: avrà al suo fianco il Maggiore Duccio Pratesi, uomo galante, esperto d’arte, e l’immancabile maresciallo Francesco Mancini, che collaborerà alle indagini, questa volta, un po’ distratto da un’avventura che gli farà battere il cuore. Verrà alla luce una vicenda di amore, viltà, disperazione e vendetta, disegnata a tratti vividi sullo sfondo di una Savona rivisitata

mercoledì 7 febbraio 2018

VITA STANDARD DI UN VENDITORE PROVVISORIO DI COLLANT

La vita di Angelo Bazarovi, laureando in Lingue presso L'Università degli Studi di Verona, viene movimentata dall'incontro con l'imprenditore mantovano Celestino Lometto, produttore di collant. Lometto ha bisogno di un traduttore per poter vendere i propri prodotti all'estero e Angelo ha bisogno di guadagnare: i due cominciano così una serie di viaggi in Europa, nei quali le personalità opposte dei due protagonisti si completano e finiscono col fondersi, creando una sorta di mostro a due teste. Lometto presenta Angelo alla sua famiglia, composta dalla moglie Edda, di origini campane, e dai tre figli, i cui nomi finiscono tutti in "-ario" (Ilario, Berengario e Belisario), testimoniando la volontà di Celestino di creare una nuova "Razza padrona", che unisca economia e politica. Quando Edda rimane incinta del quarto figlio, Lometto, che sogna di avere un figlio presidente degli Stati Uniti, decide di inviare la moglie a partorire a New York, accompagnata da Angelo. Quando però, al momento del parto, si scopre che il figlio tanto desiderato da Celestino è in realtà una femmina, per giunta down, l'imprenditore ordina ad Angelo di eliminarla. Bazarovi, che si rifiuta, dà alla bambina il nome Aurora, in omaggio al nome della cagnolina del primario della clinica di New York in cui Edda ha partorito. Al ritorno in Italia, dopo aver mostrato Aurora (che Angelo chiama Giorgina Washington, con intento antifrastico) ad un testimone, per evitare che Celestino la uccida, si separa dalla famiglia Lometto. Poco più tardi, però, scoprirà che Aurora è morta soffocata dal cibo e per omissione di soccorso da parte di genitori e fratelli.





martedì 16 gennaio 2018

intervista a fabio cremonesi - ospite del 6 febbraio - TUTTO HARUF - la passeggiata librocaffè

Dopo la Trilogia della Pianura, Fabio Cremonesi ha tradotto anche l’ultima opera di Kent Haruf, Le nostre anime di notte, che ha subito raggiunto la vetta delle classifiche di vendita, confermando l’autore statunitense come uno dei più apprezzati del catalogo di NN Editore tra i lettori italiani.
Le nostre anime di notte, pubblicato postumo, ha ancora una volta come sfondo la piccola cittadina di Holt, che in questo romanzo ha un ruolo tutt’altro che secondario: la sua comunità giudica e biasima la relazione tra i due anziani protagonisti, Addie e Louis, rimasti entrambi vedovi e determinati ad “attraversare la notte insieme”, per lo meno finché sarà loro possibile. La scrittura di Haruf diventa qui ancora più intima, emozionale, ma anche “urgente”, come sottolinea nella nota conclusiva Cremonesi (qui di seguito intervistato).
Sei stato tu a proporre a NN Editore la traduzione delle opere di Kent Haruf o è stata la casa editrice ad affidartela? Com’è stato il tuo primo approccio con questo scrittore?
No, è stata l’editrice, Chicca Dubini – che l’aveva ricevuto da un agente – a darmelo da leggere per una valutazione. È stato un autentico colpo di fulmine, sia per me, sia per Chicca e per Gaia Mazzolini, l’allora caporedattrice prematuramente scomparsa. L’ho letto tutto d’un fiato, cosa insolita per un lettore lento come me, anche perché mi pareva un miracolo che un gioiello simile non fosse già stato acquisito da altri editori e mi pareva urgente tentare di prenderlo noi!
le nostre anime di notte di kent haruf, copertinaNella nota finale, scrivi: “Mentre leggevo Le nostre anime di notte continuavo a pensare all’autore, quest’uomo anziano e malato che lotta contro il tempo per riuscire a raccontare tutta la storia che ha dentro”. Il senso di urgenza e il delicato sentimentalismo di questo romanzo secondo te si devono dunque alla particolare condizione in cui è stato scritto?
Verso la fine del libro c’è una scena molto divertente in cui Addie e Louis parlano di uno spettacolo teatrale tratto da Canto della pianura. Addie chiede a Louis: “Potrebbe scrivere un libro su di noi. Ti piacerebbe?”. La risposta di Louis, che in quel momento è chiaramente un alter-ego dell’autore, è disarmante: “Non mi va di finire in un libro”. Questo è un uomo che sa di avere ancora poche settimane di vita e che anziché cedere alla disperazione e sedersi in veranda ad aspettare la morte, fa una cosa che non ha mai fatto prima: scrivere un libro in pochi mesi, anziché in cinque o sei anni, come aveva sempre fatto con gli altri romanzi. E in questo libro il tempo non è più quello ciclico, legato al susseguirsi delle stagioni, delle sue opere precedenti, ma è un tempo lineare, vettoriale oserei dire: una freccia che va in una direzione ben precisa. E il cuore di quest’ultima opera è un messaggio chiaro, semplice, emozionante: datevi, diamoci sempre un’altra chance; non importa come andrà a finire, anzi, sappiamo già che probabilmente andrà a finire male, ma diamoci comunque un’altra chance.
Immaginavi che le opere di Kent Haruf potessero riscuotere un tale successo tra i lettori italiani? Secondo te cosa lo ha determinato?
Be’, francamente direi che era impossibile prevedere un successo del genere, tanto che, a parte un timido tentativo di Rizzoli con Haruf nel 2000, nessun altro editore aveva creduto in questo autore. Ci sono tanti fattori che hanno determinato questo successo, di natura commerciale da una parte, di mutati gusti dei lettori dall’altra.
Commercialmente parlando i tempi erano maturi per una sorta di riscossa delle librerie indipendenti, dopo gli anni della crisi, dei grandi cambiamenti nel mercato determinati dal consolidamento delle catene di librerie, dalla nascita di colossi della vendita online, dalla crisi, tutti fattori che se da una parte hanno portato alla chiusura di moltissime librerie indipendenti, dall’altra parte, in modo un po’ inatteso, hanno aperto nuovi spazi di mercato per una generazione di librai che hanno saputo abbandonare l’idea di libreria generalista, in balia delle novità, per concentrarsi su un lavoro di proposta: sono librai che non fanno i magazzinieri (decine di scatoloni di novità da esporre ogni giorno, a cui corrispondono decine di scatoloni di resi per fare spazio in negozio), ma selezionano per i propri clienti, costruendo con loro un rapporto di fiducia e in questo modo (scusate il termine orribile) li fidelizzano. Ecco, in questo mutato contesto di mercato, Haruf è diventato il libro giusto al momento giusto per suggellare questo patto di fiducia tra “nuovi” librai e lettori forti e fedeli alla “loro” libreria. I librai l’hanno adottato quasi immediatamente, l’hanno proposto direttamente o attraverso i gruppi di lettura, hanno consolidato una relazione forte con un grosso numero di lettori soddisfatti, spesso anche gratificati per essersi sentiti parte della pattuglia dei “pionieri” di Holt, hanno – last but not least – ottenuto fatturati interessanti grazie ad Haruf.
E veniamo ora al punto di vista dei lettori: la cosa stupefacente è che Haruf sembra piacere a tutti, giovani e anziani, donne e uomini, lettori occasionali e raffinai critici. Questo secondo me avviene (l’ho già detto in diverse occasioni) perché Haruf affronta apertamente le grandi questioni dell’esistenza, quelle con l’iniziale maiuscola – l’amore che nasce e che si spegne, le relazioni famigliari, la morte (la propria e quella di una persona cara) – intercettando un bisogno a quanto pare molto diffuso tra i lettori, dopo gli anni dell’ironia, del cinismo, del disincanto. E lo fa in un modo che è tutto tranne che consolatorio: alla fine dei romanzi di Haruf i cattivi non vanno all’inferno, i buoni non vanno in paradiso; a Holt il prezzo delle proprie scelte, giuste o sbagliate che siano, si paga qui e ora.
Fabio Cremonesi, traduttore di Kent Haruf, intervistaDagli studi in storia dell’arte medievale, alla direzione di una multinazionale delle telecomunicazioni e infine all’editoria e alle traduzioni: il tuo è un percorso professionale piuttosto insolito, ti va di raccontarlo?
Giusto per inserirmi in una polemica recente, dico subito che non ho mai mandato un cv e non ho mai giocato a calcetto in vita mia! Ho studiato all’università di Pavia, per mantenermi agli studi ho sempre lavorato, prima come fattorino, poi come cameriere. Il mio primo lavoro stabile è stato come scaricatore in un corriere, poi c’è stato il call centre di una compagnia assicurativa, da lì ho fatto lo startup di Omnitel, dove sono rimasto dodici anni facendo una discreta carriera internazionale. A quel punto avevo messo un po’ di fieno in cascina che mi ha consentito di fare il salto nel mondo dell’editoria. Ho fondato una casa editrice, Gran Vía, che poi ho venduto; ho iniziato a tradurre quasi per caso, prima di scoprire che era la cosa che mi piaceva davvero fare, nel frattempo ho fatto per quattro anni il promotore editoriale (quello che vende i libri ai librai, per capirci: da qui la mia attenzione per il ruolo delle librerie), un po’ per sbarcare il lunario, un po’ perché mi pareva che fare il traduttore a tempo pieno rischiasse di “inselvatichirmi” troppo. Professionalmente parlando mi ritengo una persona molto fortunata e se dovessi ricominciare da capo, rifarei ogni singolo lavoro che ho fatto.
Oltre che per NN, hai tradotto diverse opere anche per Castelvecchi, Gran Vía, Keller, Marsilio, Zandonai: come si è instaurata la tua collaborazione con queste case editrici?
Ehi, c’è pure Adelphi! Come dicevo prima, non ho mai mandato un curriculum: la maggior parte dei contatti sono nati ai tempi in cui facevo l’editore, ma molte sono state anche le amicizie personali da cui sono nati rapporti professionali: lo dico senza imbarazzo, non credo di aver rubato il lavoro a nessuno, penso che la qualità del mio lavoro sia lì a dimostrarlo nel bene e nel male, visto che certe collaborazioni si sono approfondite, mentre altre si sono bruscamente interrotte!
Si dibatte spesso sulla difficoltà dei traduttori italiani di riscuotere i propri compensi: confermi? Riesci a vivere solo di traduzioni?
Ho iniziato a tradurre nel 2006 e faccio questo lavoro sistematicamente dal 2009. Oggi riesco a campare di sole traduzioni, ma ci ho messo qualche anno, sia perché naturalmente ho dovuto imparare un mestiere, anche a costo di accontentarmi di compensi che oggi naturalmente non accetterei più, sia perché in passato ho avuto diversi clienti che erano cattivi pagatori (qualcuno è poi fallito senza pagarmi, con altri ho dovuto mettere in mezzo un avvocato). L’anno della svolta per me è stato il 2014: mi sono detto che i clienti che non pagano non sono clienti e ne ho lasciato perdere qualcuno, la cosa ha funzionato, anche perché banalmente se lasci perdere i clienti cattivi hai più tempo da dedicare a quelli buoni!
Tra i romanzi pubblicati negli ultimi mesi, di quali ti sarebbe piaciuto occuparti? Hai altre opere in traduzione al momento?
Per carità, no! Nel 2016 ho tradotto sei romanzi, basta così. Scherzi a parte, purtroppo leggo molto meno di quanto vorrei (dopo dieci ore passate a tradurre, ho solo voglia di uscire, vedere gente, andare a sentire della musica: è uno dei paradossi del lavoro editoriale) e quindi non saprei se c’è qualcosa che mi sarebbe piaciuto tradurre. Al momento comunque sono molto soddisfatto perché sto traducendo un memoir di Jenny Diski, straordinaria scrittrice inglese quasi sconosciuta in Italia, nonché quasi-figlia adottiva di Doris Lessing.