giovedì 26 settembre 2019

LEONI DI SICILIA - STEFANIA AUCI - 19 NOVEMBRE


Presso "lo Scalo" Via XXV Aprile, 146, 16030 Pieve Ligure GE


I leoni di Sicilia” di Stefania Auci, più che un romanzo storico che delinea l’affermarsi di una famiglia borghese nella Sicilia di fine settecento, costituisce anche un interessante documento riguardo un progetto industriale di elevato profilo e di grande attualità, anche oggi a distanza di secoli dalla fine della dinastia industriale protagonista della saga. La capacità di Vincenzo Florio, autentico pioniere in quello che oggi definiremmo “settore agroalimentare” emerge nel dettagliato racconto dell’autrice che, con grande abilità ricostruttiva, delinea, passo dopo passo l’ascesa dell’intera famiglia, di umili origini e perdipiù straniera, le alleanze e l’affermazione sociale ed economica nella Sicilia preunitaria, crocevia di mercanti ed armatori, soprattutto inglesi, un territorio insomma percepito dai Florio come ricco di opportunità. Inquieto e spregiudicato, come tutti gli innovatori, Vincenzo Florio possedeva la capacità di intuire il nuovo e di assecondarlo, impegnandosi senza risparmio di energie per la realizzazione di progetti che rispetto all’epoca ad egli contemporanea, erano autenticamente “visionari”. Interessantissimo dunque il romanzo di Stefania Auci che oltre a contenere una ricostruzione storica accurata degli ambienti e dei personaggi narra in maniera vivace, l’evoluzione di un settore dell’economia siciliana, portato dai Florio al massimo della produttività, e tutto in un periodo di forte instabilità politica e di intensi conflitti sociali. L’autrice difatti evidenzia lo sviluppo dell’industria conserviera nell’isola, illustra le intuizioni del capofamiglia mirate al potenziamento delle tonnare nelle isole di Favignana e Formica e alla realizzazione di uno stabilimento industriale per la conservazione del tonno. Fu opera dei Florio l’instaurazione di un sistema di conservazione del tonno all’epoca pioneristico: la cottura e la successiva asciugatura in luogo dell’antico sistema di salatura e vendita in barili. E a parte le tonnare, il genio dei Florio si manifestò anche nella commercializzazione del marsala, altro successo per una impresa legata all’alimentazione e centrata sullo stretto rapporto tra uomo e territorio. L’autrice peraltro rifugge dai toni agiografici e pone nel dovuto rilievo accanto ai successi imprenditoriali dei Florio, i difetti caratteriali di ognuno, e soprattutto evidenzia le resistenze da parte della borghesia e dell’aristocrazia isolane nei riguardi di coloro che per lungo periodo vennero appellati come “facchini” o “bagnaroti calabresi”, sostanzialmente percepiti come avventurieri del continente sbarcati nella civilissima Palermo in cerca di fortuna. Trovano posto nel libro anche gli avvenimenti storici che fanno da sfondo all’ascesa della famiglia, questi ultimi, compiutamente illustrati dall’autrice in maniera puntigliosa e quasi cinematografica, consentono al lettore di immergersi nella rivolta di Palermo del 14 giugno 1820 e di assistere alle obbligate “doppiezze” dei rappresentanti di “Casa Florio” nei riguardi del potere. L’analisi psicologica dei personaggi non manca, ed è questo un altro pregio del romanzo: sia le figure maschili che quelle femminili sono delineate con profondità e rigore, emerge lo spirito conservatore della capostipite Giuseppina Saffiotti in Florio, l’inquietudine di Vincenzo, la pacatezza e la lungimiranza dello zio Ignazio Florio, l’apparente remissività di Giulia Portalupi. Tutti i personaggi manifestano importanti tratti del carattere e sono realisticamente rappresentati nei dialoghi così contribuiscono a rendere di giusto spessore quello che di primo acchito potrebbe sembrare solo un romanzo storico. In effetti non si tratta solo di questo. Riduttivo sarebbe voler collocare “I Leoni di Sicilia” tra la narrativa storica giacché proprio l’analisi dei protagonisti, le fini descrizioni degli ambienti domestici e di quelli lavorativi in cui si muovono i vari personaggi, conduce verso un brillante affresco storico-psicologico, di quelli che il lettore non dimentica facilmente. A questo aspetto, non estraneo è il linguaggio utilizzato da Stefania Auci per far rivivere i personaggi: un linguaggio colorito e immediato, che talvolta si adombra di sfumature dialettali per meglio caratterizzare i passaggi dialogici senza essere banale e senza scadere in macchiette preconfezionate. Una lingua rispettosa della storia, calata nella reale dimensione dell’azione, pacata e limpida allo stesso tempo, una forma che si attaglia correttamente alla sostanza della storia senza forzature e senza invenzioni, che lascia libero il lettore di immaginare come anche di seguire con stupore le bellezze uniche del mare Mediterraneo, forse anch’esso importante e mai tralasciato protagonista dell’intera storia assieme agli individui che coraggiosamente lo hanno attraversato.
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