lunedì 27 gennaio 2020

LA BAMBINA DI NEVE DI EOWYN IVEY - IL PRIMO NOSTRO ZOOM MEETING


Una notte fatata porta la prima neve dell'anno. Stregati dai fiocchi che volteggiano nell'aria, Jack e Mabel costruiscono un pupazzo. Una bimba di neve. Che il mattino dopo misteriosamente scompare. Al suo posto, forse, una bimba bionda che corre nei boschi. Una bimba selvaggia che di tanto in tanto torna a trovarli. Una presenza struggente nelle terre estreme d'Alaska.

Sneguročka (in russo: Снегурочка) o Snegurka (cirillico: Снегурка), ovvero la "Fanciulla di Neve" o "Nevina" (russo: sneg = "neve") è un personaggio del folclore russo, che si ritrova in varie fiabe e leggende popolari. A partire dall'epoca sovietica, tale figura è stata associata anche al periodo natalizio, e al Capodanno in modo particolare, dove compare come nipote del portatore di doni Nonno Gelo (Ded Moroz).
Il personaggio, riconducibile probabilmente a credenze pagane degli antichi Slavi, divenne popolare nel XIX secolo grazie ad un'opera teatrale di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij. Alla figura di Sneguročka sono state dedicate opere teatrali e musicali, film, ecc.
Sneguročka viene descritta come una bella ragazza dai capelli biondi a treccia, che porta un vestito azzurro bordato di pelliccia.
Secondo la leggenda, Sneguročka sarebbe la figlia della Primavera e dell'Inverno e fa la propria comparsa d'inverno, per poi fare ritorno nel lontano nord durante l'estate. A lei è impedito di amare: se dovesse innamorarsi, il suo corpo si scioglie come la neve.
Come accompagnatrice di Nonno Gelo, vive insieme a lui a Velikij Ustjug e distribuisce regali ai bambini a bordo di una slitta.
Una leggenda racconta che Sneguročka era la figlia di due persone che non riuscivano ad avere figli e, per questo motivo, decisero di "fare" una figlia con della neve. Un giorno, Sneguročka, che d'estate si sentiva sempre triste, andò in un bosco con altre ragazze per raccogliere dei fiori; le ragazze accesero poi un falò, attorno al quale si misero a saltare: lo fece anche Sneguročka, che però si sciolse diventando una nuvola

venerdì 10 gennaio 2020

21 GENNAIO 2020 - OPINIONI DI UN CLOWN - HEINRICH BOLL



Lasciato dalla donna con cui conviveva per motivi legati alla morale cattolica il pantomime Hans Schnier subisce un crollo psicologico che comporta anche al suo declino artistico. Scettico nei confronti dei compromessi e delle convenzioni sociali, Schnier, figlio di una famiglia molto ricca, preferisce, davanti all'esperienza dell'abbandono e alle delusioni professionali, continuare a vivere come un clown onesto piuttosto di diventare un ipocrita. Il racconto del protagonista copre un arco di poche ore, continuamente interrotte da ricordi che alla fine diventano una forte accusa contro la famiglia, la società e la chiesa, filtrata da un'ironia spesso amara e provocatoria.

Leggendo le "Opinioni di un clown" (1963) in cui Böll esprime una critica molto aspra sullo stato morale della società tedesca del dopoguerra, possono venire in mente due immagini: la prima è quella del buffone di corte, quella figura presente nelle corti medievali che aveva il compito di divertire il sovrano in tutti i modi, compreso il diritto di dirgli in faccia anche le verità più scomode e persino di offenderlo. E il clown di Böll non risparmia ai suoi interlocutori le verità scomode spesso al limite dell'offesa. Ma il Hans Schnier, il personaggio creato da Böll, è un clown che non diverte più, è un uomo disperato sull'orlo di un fallimento personale e professionale.

Tutto il romanzo si concentra nello spazio di una serata, in una serie di incontri e telefonate con cui il pantomime Hans Schnier cerca di trovare soldi e soprattutto informazioni su dove si trovava la sua amata Maria che vuole riavere a tutti i costi. Ma nonostante l'aggressività verbale e la sfrontatezza con cui affronta le persone, Hans non è per niente una persona aggressiva: "io sono un povero diavolo molto semplice, sincero e privo di complicazioni" si autodefinisce. E una delle persone con cui litiga gli dice: "La cosa più grave è che lei è un innocente, vorrei dire quasi un puro".

La seconda immagine evocata dal clown è il bambino: il clown è puro, innocente e sincero come un bambino. "Siate come i bambini e il paradiso sarà vostro", disse Gesù. Da una parte il romanzo rappresenta la critica più dura della Chiesa cattolica che Böll ha mai espresso, dall'altra parte questa critica viene espressa da un personaggio, il clown, che pur essendo né cattolica né protestante, nelle sue opinioni è sempre profondamente cristiano. Nei suoi tentativi di riavere Maria è testardo come un bambino, niente lo fa infuriare di più dei ripetuti consigli del tipo: "Cerca di farti una ragione e comportati da persona adulta" che sente da tutte le parti. Con una certa autoironia il clown dice di se stesso: "Il più terribile dei miei mali è la predisposizione alla monogamia". Vuole Maria e nessun'altra. Accusa l'ambiente cattolico che Maria frequentava di averla portata via da lui e di averla condotta all'"adulterio" sposando un'altro, uno che è ben radicato nella gerarchia cattolica.

Hans è figlio di una delle famiglie più ricche e potenti della Renania degli anni 60 del secolo scorso e in questo ambiente trova altri obiettivi per le sue accuse: si ricorda perfettamente il passato nazista delle persone con cui parla e che in quell'epoca è ancora molto vicino, e non è disposto né a dimenticare né a perdonare. Questi ricordi attraversano tutto il romanzo, lo fanno diventare un’accusa molto dura contro gli opportunisti e i falsi convertiti che si trovano anche nei ranghi più alti della società.

Le opinioni del clown sono di un moralismo incorruttibile e intransigente, ma in quanto clown Hans rimane un accusatore isolato e disperato. Quando, alla fine, non riesce né a trovare soldi per la sopravvivenza, né un modo per ritrovare la sua amata Maria si dipinge come un clown e si mette seduto a terra davanti alla stazione centrale di Bonn mendicando e cantando canzoni religiose.

Una fine atroce e disperata, ma proprio per questo una condanna senza appelli della società bigotta e falsa degli anni del cosiddetto “miracolo economico” della Germania. Questo romanzo di Böll del 1963 è forse il più aspramente discusso, ha trovato critiche durissime, non solo negli ambienti politici e cattolici, ma anche in quelli letterari. Da all’altra parte ha suscitato anche molti consensi: il libro è tra quelli più venduti di Böll e dal libro è stato tratto anche un film di successo.